venerdì 21 giugno 2013

Per un’estetica dell’apprendimento: la lezione di Reggio



Abitare luoghi belli curati nelle scuole e nei nidi d’infanzia che seguono il Reggio Approach è una condizione essenziale per l'educazione. Secondo il loro fondatore, Loris Malaguzzi, infatti, organizzare lo spazio significa organizzare la metafora della conoscenza: piccoli gesti per rendere quotidiane le rivoluzioni. Lo spazio è un linguaggio e quindi elemento costitutivo della formazione del pensiero. Per questo le scuole del Reggio Approach diventano laboratori permanenti di ricerca sul tema dello spazio e dell'educazione.

La lezione del Reggio Approach ha fatto scuola nel mondo ed è un apripista per l’innovazione delle didattiche e delle soluzioni progettuali sugli ambienti formativi.
In particolare conviene soffermarsi su alcune indicazioni offerte da Maddalena Tedeschi, bravissima coordinatrice pedagogica della scuola annessa al Centro Internazionale Loris Malaguzzi:

  • Scuola come comunità in apprendimento
  • Democrazia di sguardi
  • Punti di vista diversi sulle cose e sui luoghi da abitare
  • Ibridazione degli spazi che appartengono al nomadismo della scuola
  •  Ambienti unitari minimi, che consentono aperture sia in orizzontale sia in verticali
  • Interconnessioni tra classe e centro

Sono riflessioni che connettono intimamente pedagogia ed architettura e che offrono nuove letture del modo di fare e pensare la scuola: Comunità, democrazia, pluralità, nomadismo, apertura, connessione… tutti principi pedagogici condivisi ma ancora troppo poco vissuti, troppo poco visibili e concreti.

La frase di Malaguzzi: “La scuola ha diritto a un suo ambiente ai suoi spazi e alle sue concettualizzazioni” mette in dialogo pedagogia e architettura in un discorso che non è mai dato per sempre ma che deve continuamente essere ridefinito, negoziato, elaborato, descritto e rivisto. La qualità della conoscenza si ricerca anche nella qualità dello spazio e degli oggetti. L’attenzione alla bellezza dei pensieri, delle azioni e delle cose si concretizza in una estetica dell'apprendimento che affascina tutti noi.

sabato 15 giugno 2013

Tutti in classe: densità eccezionale


Riporto qui una riflessione molto acuta, e che condivido pienamente, sullo spazio classe di Marco Orsi, dirigente scolastico e promotore del progetto “Scuola senza zaino” (www.senzazaino.it ) tratta da un saggio per Dirigenti Scuola 2013 (“Per una leadership efficace: cinque caratteristiche della organizzazione scolastica”).
“Nel locale di una redazione di un giornale, in un ufficio di un’anagrafe comunale o in un’agenzia delle poste in un unico locale, di norma assai più grande di una qualsiasi aula scolastica, possono essere raggruppate al massimo 5 – 6 persone. Negli ospedali e nelle carceri i pazienti da un lato, e i detenuti dall’altro, non sono più di 4 – 6 ad abitare lo spazio che li ospita (la corsia o la cella).  La scuola, lo si capisce subito, è diversa: negli spazi di un’aula, non più grandi dei precedenti, sono ospitati dalle 20 alle 30 persone (includendo anche i docenti)  che debbono “lavorare” 4-5 ore al giorno per circa 200 – 220 giorni all’anno.  
Questa caratteristica la indichiamo con il termine densità eccezionale. Ma questa densità eccezionale in che rapporto sta con il conseguimento degli esiti formativi?  Insomma, questo affollamento rende efficace il processo di insegnamento – apprendimento o piuttosto si tratta di una situazione semplicemente non voluta o perlomeno poco considerata? Quali ragioni stanno all’origine della scelta di assembrare in pochi metri quadri molte persone? E se un certo grado di densità nella formazione non può essere evitato, allora quali sono i parametri giusti?  E quali modelli pedagogici stanno dietro ai vari parametri di densità?  
Sicuramente la gestione di un ambiente ristretto in cui si affollano in modo più o meno intenso 20 – 30 persone che vi permangono per molto tempo, sono assai sottovalutate in quanto presuppongono modalità organizzative e di intervento specialistiche assai più approfondite di quelle che sembrano attualmente essere a disposizione della professionalità docente.
 La questione è che mettere assieme per un dato tempo e in un dato spazio molte persone portatrici della novità e imprevedibilità tipica delle nuove generazioni, genera timore, ansia, paura. La densità eccezionale dice della catalizzazione dell’inedito e della novità e per questo le scuole sovente rispondono ad una situazione del genere con metodi improntati alla tramissività, al controllo, alla sorveglianza (Foucault, 1976), piuttosto che alla partecipazione e alla responsabilità.  Certamente occorre riconsiderare lo spazio abitativo delle scuole, andando oltre la dimensione spesso totalizzante dell’aula, tentando di sfruttare tutte quelle aree che sovente sono disabitate o scarsamente utilizzate: atri, corridoi, laboratori, spazi in genere connettivi, immaginando anche aggregazioni libere che vanno oltre il sistema della classe rigidamente strutturato. In conclusione: è possibile – ci domandiamo - uscire da questa chiusura tradizionale accettando la sfida della fiducia (Marzano, 2012), vale a dire creare un ambiente in cui la comunicazione e la collaborazione fioriscono e le responsabilità sono delegate? La fiducia, come è stato detto (Fukuyama, 1996),produrrebbe con maggior probabilità organizzazioni comunitarie, perciò coese e flessibili, dove non necessariamente i ruoli sono rigidamente inquadrati e dove il successo sarà più a portata di mano.”

martedì 11 giugno 2013

IL GUSTO DELLA SCUOLA


La mia Brava tesista Desiree O. in un questionario ai bambini tra le diverse domande chiedeva “se la scuola avesse un gusto”? la domanda mi è rimasta impressa… perché non usare anche metafore per descrivere la propria esperienza scolastica, perché non accostare alle nostre riflessioni i cinque sensi, che ci raccontano dei nostri ricordi, delle nostre sensazioni ed emozioni, dei vissuti che ci hanno scolpito e sulla base dei quali costruiamo il nostro futuro.
Il gusto della scuola… dolce, salato, aspro, amaro… già troppo generico, il pensiero è già quasi astratto, spesso diventa un concetto “esperienza dolce-amara”, “momenti aspri” ecc..

Se invece penso a qualcosa di concreto mi viene in mente la cosiddetta "michetta" o "rosetta" il pane più semplice che ci davano a scuola allora, là dove vivevo sul Lago Maggiore, bianco, vuoto dentro, ne duro ne morbido, quasi insipido. Lo stesso gusto della mia esperienza di scuola, semplice, tranquilla, a volte un pò insipida e vuota, che si colorava un pò di più quando ci mettevo (e a volte nascondevo) dentro qualcosa io…

Il gusto della scuola in realtà consente interessanti giri di parole: a scuola con gusto, una scuola di gusto, scuola per tutti i gusti. Questo è un po’ lo slogan delle scuole del futuro.

A scuola con gusto dove si ha piacere di andare e dove non si perde il gusto di apprendere. Ricordiamo che conoscere, cercare, capire il mondo è una caratteristica a noi connaturata, un bisogno fondamentale dell’individuo, che nessuno può cambiare… certamente invece ciascuno può decidere di  cambiare il luogo e il modo in cui avviene. Si impara con gusto là dove l’appetito non scompare, dove al pensiero viene l’acquolina in bocca…
Una scuola di gusto dove l’attenzione all’estetica non è un dettaglio, dove l’organizzazione degli spazi è un’arte, dove l’architettura ha il suo perché e vuole offrire il suo linguaggio formativo e culturale. Una scuola di gusto perché pensata ad ampio raggio come unità di spazio e ragionamento, pensiero pedagogico e soluzione architettonica. La forma concreta di una idea e di una proposta formativa.
Scuola per tutti i gusti dove l’apprendimento è al centro, e dove ciascuno dunque cerca le proprie vie per conoscere, nella piena consapevolezza che siamo tutti uguali e tutti diversi. Una scuola laboratorio, luogo di sperimentazione e del fare, luogo di ricerca e di cultura, in cui il gusto che prova ciascuno nel proprio personale percorso di ricerca è rispettato, sostenuto e guidato.

E la vostra scuola che gusto ha?

lunedì 10 giugno 2013


SOLLECITAZIONI DA AMBURGO



Concluso il viaggio, steso il resoconto, cosa rimane, cosa conviene tenere fermo e considerare all'interno della riflessione sull'architettura pedagogica?

1. FUORI DALL'AULA: L'APPRENDIMENTO È OVUNQUE Superamento dell'aula come luogo privilegiato per l'apprendimento e valorizzazione-ampliamento-arredo delle zone di transito, delle corti, degli spazi comuni come luoghi per svolgere una didattica di gruppo e laboratoriale. In questo senso si considera sempre di più spazio esterno, intorno all'edificio scolastico,  come laboratorio all'aperto,  parte della vita della comunità e quindi parte della vita della scuola e occasione di apprendimento.

2. ONE DAY ONE BUILDING: SCUOLE COME CASE DELLA CULTURA Le scuole, case dell'apprendimento, dovrebbero divenire centri multiculturali aperti a soggetti di tutte le età. Centri civici, sociali, culturali. La scuola come casa dell'apprendimento è il luogo dove soggiornare, dove perdere tempo, luogo accogliente dove ci sono attività e proposte per tutte le età. Genitori che vanno e trovano supporto per i loro piccoli mentre frequentano un corso, o mentre vanno a fare commissioni in città.  Ambiente stimolante per bambini e ragazzi, luogo di incontri formali e informali, caffè culturale, luogo dove tornare per leggere o fare un corso serale….La scuola diventa quindi casa dell’apprendimento, ma anche centro sportivo, centro culturale, ufficio per gli adulti. Per questo si cercano arredi che siano tra il formale e l’informale per la movimentazione dello spazio aula, diverse soluzioni per le separazioni visive e acustiche negli ambienti di studio e lavoro, modalità per modificare a seconda del bisogno la grandezza delle aule,  idee per l’attivazione delle aree esterne come ambienti di apprendimento, sino alle ipotesi di impiego didattico delle pareti e dei pavimenti.

3. BIDELLI: NUOVI EDUCATORI DI STRADA Se si immagina una nuova didattica dentro e fuori dall'aula, una scuola polifunzionale, centro civico con utenti diversi, bisogni diversi, modalità di frequentazione diversi,  la figura del bidello/custode diventa molto importante. Oltre ad essere un tecnico preparato, che conosce bene i sofisticati sistemi elettronici che fanno funzionare l'edificio, deve essere una persona che condivide la filosofia che sottende una scelta pedagogico-didattica basata sull'apertura, sulla condivisione, e sulla plurifunzionalità degli spazi. Sono i custodi, infatti, coloro che sorvegliano e guidano, che offrono indicazioni e supporto, che curano l'ambiente e organizzano gli spazi. Da figure ausiliarie, si configurano oggi come i nuovi educatori di strada, i nuovi angeli custodi delle case della cultura e dell'apprendimento. Sono loro i nuovi esperti, che si mescolano all'utenza sempre più diversificata, conoscendone differenze e specificità, utili accompagnatori per le vie della cultura.



 

venerdì 7 giugno 2013

Schulbaumesse: RESOCONTO DAL CONVEGNO




Schulbaumesse AMBURGO 4-5 Giugno 2013


Il 4 e 5 Giugno 2013 si è tenuta ad Amburgo la prima fiera sull’edilizia scolastica promossa da L’editore Cubus Medien Verlag di Amburgo, l’ufficio Edilizia scolastica di Amburgo e la Danimarca. Si è tratta di un progetto per creare una piattaforma di comunicazione tra architetti, progettisti, imprese di costruzioni, committenti, e figure direttive delle istituzioni, tutta concentrata sull’edilizia scolastica. La città di Amburgo si appresta, infatti ad investire, fino al 2019, 2 miliardi di Euro per la costruzione, ristrutturazione e ampliamento delle sue scuole. Per prepararsi a questo importante investimento si confronta con l’esperienza dei Paesi confinanti ed in particolare con quello danese, che nei risultati PISA ha ottenuto eccellenti risultati. Alla fiera si accompagna anche la nascita di una rivista “Schulbau – Magazin für Bildungsbau” che intende proseguire nella tematizzazione degli argomenti di edilizia scolastica.
All’interno della fiera è stato organizzato un convegno in cui si sono confrontati gli architetti amburghesi, con le loro esperienze progettuali e le loro ultime scuole neocostruite, con gli architetti danesi, che hanno a loro volta descritto il loro percorso progettuale e le loro esperienze del campo dell’edilizia scolastica. Le riflessioni sono interessanti e prespicaci, impregnate di pensiero pedagogico, pur essendo manifesta un’assenza imbarazzante dal mondo della scuola, della didattica e della pedagogia sul podio delle discussioni.
Il discorso tocca i temi cari a chi dibatte di pedagogia e architettura, ma non si spinge molto oltre, segnalando talvolta riflessioni ancora troppo autoreferenziali.


L’esperienza amburghese

Nel comune di Amburgo ci sono più di 400 scuole e si sta pensando a come cambiarle. Lo stanziamento di 2 miliardi di Euro per la loro ristrutturazione, ampliamento, neocostruzione impegna il comune nella ricerca di soluzioni che possano essere durevoli, ecologiche e che sostengano anche il miglioramento della qualità dell’apprendimento.

Arch. Dirk Landwehr

Nella presentazione della Grundschule Klein Flottberker Weg di Amburgo si è concentrato sui seguenti aspetti:

  • Ampliamento delle zone di transito
  •  Differenziazione nei colori tra aule gruppo e aule normali
  • Scuola che pone molto l'attenzione sull'areazione, con semafori che segnalano quando l'aria non é più buona.
  • Aula docenti con tavoli con geometria arrotondata e curviforme e con cucina a vista.
  • Verifica sul l'utilizzo delle zone di transito e di incontro informale.


L'idea di proporre zone di lavoro esterne all'aula sono dell'architetto, solo successivamente sono state condivise insieme agli insegnanti e alla dirigente.
Le trasparenze visive, presenti in molte parti dell’edificio non sono niente di nuovo non c'è niente di originale in esse, sia nelle vetrate per le aule gruppo sia nelle vetrate verso i corridoi, rappresentano qualcosa che nel suo personale immaginario e nelle memorie scolastiche di bambino erano già presenti...

Alla domanda se per costruire scuole ci vuole una certa esperienza l’architetto risponde: “L’edificio scolastico é qualcosa che riguarda sia gli architetti esperti che i più giovani. É qualcosa di cui tutti abbiamo fatto esperienza sulla nostra pelle e se uno é bravo può avere successo nel progettarne una interessante, sia se ha esperienza sia se non ce l'ha.”

Arch. Ingrid Spengler

Le case della formazione sono più di una scuola. Luoghi di incontro, laboratorio di cultura dove si possono incontrare persone di età diverse, con competenze e conoscenze diverse e con qualità plurali.
Come devono essere costruite le nuove scuole?
1.     Attenzione alle nuove modalità didattiche: laboratoriali e centrate sul soggetto
2.     Valorizzazione degli alunni attrverso zone libere e un'organizzazione flessibile dell'ambiente
3.     Robustezza, sostenibilità,
4.     Impiego plurale e multifunzionale

Presenta la Hafencityschule Hamburg:  edificio ibrido con scuola, mensa, centro sportivo, appartamenti per abitazioni private, cortile della scuola sul tetto, aula magna utilizzabile anche dalla cittadinanza.

Nei diversi concorsi hanno proposto sempre il concetto delle aule come “ case dell'apprendimento” intervallate e interfacciate con la zona comune di incontro con luoghi per l'apprendimento libero e informale.

L’architetto sollecita l’attenzione sui seguenti aspetti su cui tenere alta l’attenzione e rafforzare gli impegni:

Entrata e spazi comuni - Riflessione più mirata sulle zone di entrata e sulle zone comuni e valutazione dell'Ipotesi di lavorare sui paesaggi di apprendimento flessibili attraverso il rimpicciolimento delle aule e l'ingrandimento delle zone libere. Attenzione alle pareti mobili: spesso non vengono utilizzate e sono molto costose. Possono esserci altre soluzioni?

La figura del custode - Un altro importante aspetto da non sottovalutre se si vuole procedere verso ambienti aperti e condivisi, tecnologici ed attrezzati. Adesso deve essere una figura tecnica molto preparata a gestire tutte le tecnologie. La concezione del custode o bidello deve essere nuovamente ridefinita, da educatore di strada delle zone informali, a organizzatore degli ambienti a esperto di tecnica e tecnologia....

La scuola come edificio ibrido - Plurifunzionalita degli ambienti di apprendimento questo dovrebbe essere sempre più stimolato al fine di fare della scuola un cuore pulsante della comunità sociale. Naturalmente gli ambienti aperti alla cittadinanza devono esse accessibili anche separatamente.

Nuove location -   perché non pensare alle vecchie fabbriche come location per le scuole, come involucri molto aperti per organizzare lo spazio scolastico?

Scuole come case della cultura - Le scuole, case dell'apprendimento, dovrebbero divenire centri multiculturali aperti a soggetti di tutte le età. La scuola come casa dell'apprendimento è il luogo dove soggiornare, dove perdere tempo, luogo accogliente dove ci sono attività e proposte per tutte le età. Genitori che vanno e trovano supporto per i loro piccoli mentre frequentano un corso, o mentre vanno a fare commissioni in città.  Ambiente stimolante per bambini e ragazzi, luogo di incontri formali e informali, caffè culturale, luogo dove tornare per leggere o fare un corso serale….
Problema della sicurezza per l'impiego anche da esterni? Beh, si deve lavorare sul ruolo del custode che deve diventare più importante e preparato. É lui che segue e controlla.

Architettura scolastica che fa cultura - Importante valorizzare il compito dell’architetto e la qualità del proprio lavoro come colui che consegna un edificio perché tenga nel tempo, perché parli a diverse generazioni di persone, perché sostanzi la struttura che accoglierà il futuro della cultura.
Gli edifici per l'apprendimento dovrebbero mantenere un proprio carattere e offrire qualità culturali all'ambiente, ricordando che anche l’architettura insegna ed é il terzo educatore, come indicato da diversi pedagogisti, tra cui Malaguzzi-

La committenza – È fondamentale avere il benestare consapevole dei committenti e ciò talvolta puù avvenire sono portando esempi, facendosi accompagnare nelle visite alle scuole per capire. Si tratta di fare investimenti per il futuro e bisogna conoscere con i propri occhi, capire vivendo e osservando esempi di eccellenze altrui.

L’esperienza danese
Copenaghen si sta sviluppando in modo molto consistente, la scuola presentata ha un collegamento forte con l'acqua, che rappresenta un elemento importante per la cittadinanza.

Arch. Torben Juul

L'architetto ha presentato l’ampliamento della scuola primaria di Copenaghen “Pilegärdskolen” e sostiene che é importante offrire la diversità degli spazi. Ha raccontato che l'ampiezza delle classi é stata ridotta a vantaggio degli spazi aperti, esterni e adiacenti all’aula.
Il lavoro per arrivare a concludere sulle scelte se spazi aperti o se classi é durato almeno un anno nel processo progettuale. Gli interlocutori sono stati per lo più i committenti. In realtà la proposta è stata sollecitata anche dalla modalità di lavoro nella scuola danese, secondo la quale l’insegnante ormai assume sempre di più la funzione di un coach, o di un accompagnatore, tutor dell’apprendimento di alunni che si organizzano a coppie o in gruppi e che lavorano in autonomia, con diversi materiali e con le tecnologie.
Le aule, che ospitano fino a 23 bambini, non sono più adeguate per una didattica di gruppo e laboratoriale. Per questo la progettazione spinge in direzione di rendere funzionale lo spazio a questa esigenza connaturata all’organizzazione della didattica.
Gli spazi chiusi sono più connessi con quelli aperti e grandi. Mentre quelli grandi sono molto diversificati in modo da garantire nicchie di lavoro e di raccoglimento, per ritirarsi e concentrarsi.
Si discute molto sulla diversificazione degli spazi adiacenti alla classe tradizionale. La sua esperienza gli ha dimostrato che in media si può sempre aggiungere fino al 15 per cento del corridoio alle zone condivise, per le attività fuori dall’aula.
Nel processo progettuale l’architetto si interfaccia prevalentemente con la committenza. Tuttavia l’architetto racconta di diversi incontri dove hanno partecipato rappresentanti del comune e i cittadini ma anche studenti e insegnanti. Li fanno in modo ricorrente e ciclico per chiedere il consenso a tutti i partecipanti. Utilizzano per questo moltissimo i modelli 3D per evitare che ci siano fraintendimenti e per avere una comune piattaforma visiva.

Arch. Lars lindenberg
Sta costruendo l’innovativa Sydhavnsskolen di Kopenhagen con uno spazio esterno molto ampio e variegato a stretto contatto con l’acqua, concepita anch’essa come parte della vita della comunità e quindi come parte della vita della scuola e occasione di apprendimento.
Programmare l'idea e lo sviluppo della scuola significa confrontarsi con valori di base e con obiettivi programmatici che guidano l'architetto.
La scuola è un centro sociale, punto di incontro.
È necessario un serio confronto su valori, idee e obiettivi della scuola.
Poi compito dell'architetto è quello di presentare proposte anche un po' azzardate, per aprire le menti, per trasformare in spazi le idee. Per questo l'architetto ha anche il compito di presentare progetti futuristici o comunque molto avanti. Cercare la visione pedagogica è importante ma  allo stesso tempo dare una visione architettonica è anche fondamentale.

Arch. Gitte Andersen
È responsabile dello studio SIGNAL di Kopenhagen che si sta specializzando nel campo della consulenza sull’edilizia scolastica. Ha come interlocutori tutti i soggetti della progettazione.
Per offrire servizi al mondo dell’architettura e della scuola lo studio sta svolgendo una serie di
focus groups, in accordo anche con le istituzioni danesi in cui riuniscono committenti, insegnanti e dirigenti, architetti e ingegneri che hanno esperienza nella progettazione di scuole per sviluppare un know how in merito e per garantire la ristrutturazione di scuole con grande qualità. La qualità, infatti,  si rileva nell'esperienza.
Per la ristrutturazione di scuole l’approccio dello studio SIGNAL usano molto il concetto della ristrutturazione mentale,  che è fondamentale per ripensare la scuola esistente e per cambiare l'esistente.
La scuola danese sta cambiando, nel 2013 si stanno facendo accordi perché gli insegnanti trascorrano più tempo a scuola anche per preparare le lezioni.
La scuola diventa quindi un luogo di lavoro a tempo pieno, luogo da vivere e da abitare.
Si riflette su come includere i più deboli in classe e come sostenerli, e su come affontare la sfida della dispersione scolastica, che comunque anche in Danimarca arriva al 20%.
Tra le iniziative figurano una serie di studi per verificare quali spazi sono effettivamente utilizzati e quali no nelle scuole danesi e quali cambiamenti si possono attivare a partire da questi dati. Altre rilevazioni verificano che i bisogni degli studenti, degli insegnanti e del personale amministrativo sono pressochè gli stessi. A partire da queste evidenze si studiano proposte architettoniche, di interni, di arredi , per sviluppare nuovi concetti relativi all’aula docenti, più connessi e ibridati con le sale riunioni, le aule gruppo, con gli spazi connettivi, di passaggio, le zone ristoro o caffetteria.
Si offrono proposte per immaginare una scuola attiva tutto il giorno per persone con esigenze e compiti diversi, in tempi e modi diversi. Diversi utenti negli stessi ambienti, diversi bisogni neli diversi momenti della giornata. La scuola diventa “one day one building” adatta a utenze plurime lungo l’arco di tutta la giornata.
La scuola diventa quindi casa dell’apprendimento, ma anche centro sportivo, centro culturale, ufficio per gli adulti, impiegando soluzioni che lo studio sta archiviando e catalogando. Dalla ricerca di arredi che siano tra il formale e l’informale per la movimentazione dello spazio aula, alle diverse soluzioni per le separazioni visive e acustiche negli ambienti di studio e lavoro, alle modalità per modificare a seconda del bisogno la grandezza delle aule,  all’attivazione delle aree esterne come ambienti di apprendimento, sino all’impiego didattico delle pareti e dei pavimenti e alla promozione di una didattica laboratoriale.